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al testo di Ivan Pozzoni
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Per una volta, una volta e basta, l’invettiva mi abbandona, sub-affittando la tastiera al panegirico, senza giri(ci) di parole. Siamo due volte membri di una generazione contraria, membri di una generazione al contrario e membri al contrario di una generazione, tu, figlio di un mondo solido, fatto di terra, «forsennato flâneur», nomade d’avanguardia, io, nipote di un mondo liquido, fatto di mare, quercia secolare attaccata alle sue radici, nomade di retroguardia, nomadi dello stesso esercito in esplorazione e ritirata.
Oggi ti ho proposto: «Scriviamo un libretto a quattro mani», e tu, prontamente, da Bali, Bora Bora o dalla Thailandia: «Basta che non mi fai spendere troppo», ci siamo scambiati i ruoli di brianzolo e triestino, da te mi sarei aspettato la domanda: «Scrivere un libretto in due a quattro mani vuole dire realizzare un libretto da Ottomani?». Mi fai l’onore di prendermi troppo sul Serio, esule bergamasco in terra monzese, e io ti ricambio con ironia, non mefistofelica, l’ironia della stima e dell’affetto, l’ironia affettuosa che uso solo con doppia lingua o con M40.
Per una sera abbandoniamo il sarcasmo e aiutami a continuare a strasbattermene di tutto.
[Qui gli austriaci sono più severi dei Borboni, 2015] |
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